Il cantiere per il consolidamento della chiesa di San Giorgio, uno dei monumenti barocchi più importanti di Reggio Emilia, pregevole esempio dell’architettura gesuitica nata dai rigorosi dettami del Concilio di Trento per contrastare la Riforma luterana, si interrompe per fare spazio a una sezione di Fotografia Europea, da venerdì della prossima settimana.
Sarà questa un’eccezionale occasione – oltre che per visitare la mostra dedicata ad autori come Bernard Plossu e Pentti Sammallahti – per riscoprire e apprezzare uno degli spazi architettonici e storici più suggestivi della città.
La chiesa, infatti, è chiusa da quasi undici anni, dal 15 ottobre 1996, giorno del violento terremoto che colpì il Reggiano e lesionò in modo grave alcune delle strutture portanti della costruzione.
L’accesso è possibile grazie alla conclusione dei lavori di consolidamento statico dell’edificio, in particolare la cupola, il transetto e la grande navata, proprietà del Comune di Reggio. L’intervento è stato curato dagli assessorati comunali ai Lavori pubblici e Città storica. Non si è trattato quindi di un restauro delle pur numerose opere d’arte e ornamenti che impreziosiscono la chiesa, ma di un più urgente lavoro di ingegneria, diretto dall’ingegner Daniele Pecorini del servizio Lavori pubblici del Comune di Reggio, per assicurare la tenuta delle parti murarie.
Un primo intervento di restauro è stato comunque avviato (la conclusione è prevista entro giugno) e riguarda la pulitura della facciata, con il portale d’accesso abbellito dal rilievo che riproduce un’icona classica del santo a cui la chiesa è dedicata: san Giorgio a cavallo che trafigge il drago con una lancia. Facciata e portale si stanno riappropriando dei colori originali: un intenso rosso mattone e il color marmo chiaro.
I lavori di consolidamento statico e restauro della facciata hanno richiesto investimenti per un milione e 340mila euro. In particolare, fra il 2001 e il 2003, furono stanziati dalla Regione Emilia-Romagna 500mila euro, per consolidare la cupola e la lanterna (sorta di capolino al culmine della cupola, che serve per dare luce e aria). Per rimediare ai danni di un altro sisma, quello del giugno del 2000, fra il 2005 e il 2007, si stanziarono 766mila euro: la parte più consistente, 630mila euro, fu sostenuta dal Comune di Reggio; la Regione intervenne con 136mila euro. Con questi fondi si è consolidata la volta, rifatta la copertura della navata principale e si è restaurata parte della facciata. Quest’anno, con altri 74mila euro finanziati dal Comune, si è appunto avviato il restauro della parte bassa della stessa facciata e del portale. Dalla costruzione ad oggi, questi sono i lavori più consistenti mai svolti per San Giorgio.
DIMENSIONI E ALTRE CARATTERISTICHE DELL’EDIFICIO
La chiesa di San Giorgio ha pianta a croce latina con tre cappelle laterali per parte. La lunghezza totale è di 55 metri circa, la larghezza è di 22 metri. L’altezza della navata raggiunge i 18 metri, mentre l’altezza dalla base della cupola è di 32 metri. La lanterna, parte terminale della cupola, inconfondibile per slancio ed eleganza nello skyline della città storica, supera i 50 metri da terra. Infine, la facciata domina la via Farini con un’altezza di 26 metri e una larghezza di 22.
NOTE STORICHE
La chiesa di San Giorgio – costruita nelle adiacenze dell’antica Contrada degli spadari (l’attuale via Farini), strada detta così perché il rione era all’epoca fitto di botteghe di fabbri e armaioli – è citata la prima volta in un documento del 1146. Nel 1456, si svolgono restauri dell’edificio, di modeste dimensioni, ad opera della famiglia Ruggeri. Nel 1610, l’edificio viene assegnato, quale sede definitiva, ai Padri Gesuiti, che avevano insediato a Reggio una comunità con sede provvisoria in San Giacomo.
La Compagnia di Gesù, fondata da sant’Ignazio di Loyola nel Cinquecento, in piena Controriforma (Riforma cattolica), aveva acquistato alcune stanze in un edificio attiguo a San Giorgio e amministrava il culto nella chiesa stessa. I Gesuiti, di solito uomini di scienze e lettere, ferrati educatori (le loro scuole e collegi sono celebri ancor oggi) e grandi predicatori, avviarono subito un’attività assai intensa, sul fronte dell’apostolato e, appunto, della formazione, con l’istituzione di un collegio aperto sia ai ragazzi “laici” sia ai giovani del noviziato. I Padri promossero e organizzarono varie confraternite, associazioni religiose per laici, suddivise e organizzate, nell’attività e nei contenuti formativi, secondo le esigenze delle varie categorie sociali.
I Gesuiti divennero ben presto un punto di riferimento imprescindibile, non solo per la vita religiosa della città. E la piccola chiesa di San Giorgio non bastava più a contenere i fedeli che si riunivano per la messa, ma anche per ritiri ed esercizi spirituali.
Nel 1635, Flaminio Ruffini progetta la nuova chiesa (la famiglia Ruffini sostenne con mezzi e ingegno l’operato dei Gesuiti reggiani). Inizia la ricostruzione dell’edificio, dalle fondamenta.
Da questo momento, per circa un secolo, San Giorgio sarà un cantiere in continuo divenire, specchio della creatività dell’Ordine dei Gesuiti e dei mutamenti storici e sociali della città in cui la chiesa era immersa. Alla fine, San Giorgio sarà assai più ampia e totalmente trasformata rispetto all’originale, in grado di mutare profondamente i rapporti con la realtà urbana circostante.
Serviva spazio, proprio ciò che scarseggia nel centro urbano: i Gesuiti, racconta Prospero Scurani nella sua ottocentesca Storia della chiesa di San Giorgio in Reggio Emilia, ottengono un lotto praticamente incolto dietro la vecchia chiesa, proprietà dei Canossa. Ciò dopo un’estenuante trattativa con i proprietari del lotto, che non volevano veder “cementata” la loro proprietà e avere vicini troppo incombenti.
Fra il 1675 e il ’78, viene costruito lo splendido campanile che, con la cupola e il portale di accesso, è fra gli elementi più evidenti e caratteristici della chiesa di San Giorgio. Il progetto della torre campanaria è attribuito al padre gesuita Andrea Pozzi. Fra il 1737 e il ’47, ulteriori interventi e rifacimenti della chiesa, ad opera dell’architetto bolognese Alfonso Torreggiani: si ripone mano alla crociera, al coro e alla cupola. Intanto si era realizzato il palazzo San Giorgio, dove trovano ampi spazi il collegio, le scuole e gli alloggi della casa gesuitica. Nel palazzo San Giorgio è oggi sede della Biblioteca comunale “Andrea Panizzi”.
La facciata della chiesa, di rilevanti proporzioni rispetto alla non ampia via Farini, si contraddistingue per il ricco portale con volute, angeli che reggono un cartiglio e, nella cosiddetta tabella, un rilievo di San Giorgio che uccide il drago.
“Le parti scolpite – scrive Massimo Pirondini nella sua Reggio Emilia – Guida storico-artistica – sono tradizionalmente riferite al Groppelli di Verona e a Giovan Battisa Mattoni di Como”. Il rilievo di San Giorgio è ammirabile, oltre che dalla strada, dalle finestre della sala di consultazione e lettura principale, al primo piano della Biblioteca Panizzi: la stessa sala impreziosita da Whirls and Twirls 1di Sol LeWitt: un suggestivo e involontario “asse” dal Seicento al Duemila. Nella stessa sala di lettura della Panizzi si può ammirare l’ampio frammento di un altro rilievo scultoreo, del Quattrocento, che ripropone l’icona di San Giorgio che uccide il drago: il reperto è emerso alcuni anni fa, durante alcuni scavi. Quasi sicuramente apparteneva alla chiesa quattrocentesca.
Il merito delle opere di consolidamento e conservazione svolte dal Comune di Reggio è non solo nel mantenimento di un bene storico, artistico e di un luogo di culto profondamente radicato, ma anche nel conservare una struttura esemplare sul piano architettonico. All’interno, la chiesa di San Giorgio presenta varie opere d’arte, in un contesto di sobrietà, tipico dell’architettura gesuitica della Controriforma. La chiesa è a una sola navata, si presenta come un grande spazio unitario, un’aula in cui ascoltare e meditare la parola di Dio, ascoltare le omelie dei celebri predicatori gesuiti e partecipare all’Eucaristia: la struttura architettonica è costruita per far convergere l’attenzione sull’altare maggiore. Ai lati due file di cappelle, ornate con stucchi e paliotti policromi in scagliola di rara bellezza, del Sei e Settecento (in parte attribuiti a Pietro Armani).
I dipinti, eccetto quelli dell’abside, sono stati rimossi e conservati in deposito ai Musei Civici, per evitare possibili danni durante i lavori, ora conclusi. Fra i dipinti di maggior pregio, nelle cappelle di destra, saranno ricollocate La Madonna con il Bambino e i santi Luigi e Stanislao di Lucia Canalini Torelli, una pittrice (fatto eccezionale all’epoca) del Settecento; una tela raffigurante la Madonna della Ghiara con i santi Francesco Saverio e Ignazio di Loyola di Alessandro Tiarini; il Transito di San Giuseppe di Orazio Talami e la Testa di Andrea Zoboli, frammento di una scultura cinquecentesca di Bartolomeo Spani. Nelle cappelle di sinistra, lavori di pittori reggiani del Barocco. Fra gli altri, San Francesco Saverio in estasi di Prospero Minghetti e l’Estasi di Sant’Ignazio di Augusto Ugolini.
Il presbiterio ospita l’altare maggiore in legno argentato, un tempo nella chiesa di San Prospero. Nell’abside, tele con episodi della vita di San Giorgio: La cattura di Gian Bettino Cignaroli; La tentazione di sacrificare agli idoli di Pietro Rotari e La decapitazione di Francesco Vellani. Sulla porta d’ingresso, la cantoria e la cassa d’organo in legno intagliato, su disegno dello stesso Torreggiani.
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