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I produttori di pasta danno i numeri… sbagliati!

I produttori di pasta continuano a dare numeri sbagliati sull’aumento del costo del grano, per giustificare una speculazione in atto sui prezzi.
Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori hanno già dimostrato come l’annunciato aumento del 20% del prezzo della pasta sia privo di qualunque fondamento, ma ora ne danno una ulteriore dimostrazione, fornendo ulteriori precisazioni.

E’ vero che nel 2007 il grano duro è aumentato, peccato che nel 2005 abbia raggiunto il suo minimo storico, come dimostra la tabella sotto riportata, ma i produttori di pasta se ne sono guardati bene dal diminuirne il prezzo, incassando in tal modo lauti profitti. Insomma hanno fatto come i petrolieri, anzi peggio, perché mentre i petrolieri hanno solo una doppia velocità, ossia abbassano il prezzo della benzina solo dopo parecchi giorni dalla diminuzione del prezzo del barile, i produttori di pasta non hanno mai abbassato i prezzi, anzi dal 2001 ad oggi li hanno aumentati del 36%, pur essendo il prezzo del grano calato ininterrottamente dal 2001 (183 euro a tonnellata) al 2005 (140 euro). Abbiamo elaborato i dati Ismea che si riferiscono al prezzo medio del frumento duro fino, ossia la qualità migliore e più cara che ci sia in Italia. Ebbene dal 1993 ad oggi il prezzo più basso si registra nel 2005, ed in particolare il picco più basso è di 130,02 euro a tonnellata raggiunto nel maggio del 2005, eppure il prezzo finale della pasta tra il 2004 ed il 2006 è rimasto invariato, come mai?

I produttori di pasta inoltre si “inventano” anche che l’aumento del prezzo della pasta inciderà solo (?!?) per 25 euro l’anno per un nucleo familiare di 4 persone. Anche in questo caso i dati sono sbagliati. Ci limitiamo a copiare i dati Istat. Nel 2006, secondo i dati dell’indagine sui consumi condotta dall’Istat, la spesa media mensile per famiglia è pari, in valori correnti, a 2.461 euro. Il peso della pasta nel paniere Istat 2007 è di 5443, ossia gli italiani spendono lo 0,5443% del loro reddito in pasta, pari a 13,39 euro al mese, pari a 160,74 euro all’anno. Il che vuol dire, che se la pasta aumenta del 20% l’incidenza su una famiglia media italiana è di 32,15 euro all’anno. Questo senza contare che mentre una famiglia media spende solo il 16,3998 % del proprio reddito in prodotti alimentari e bevande, un anziano a 500 euro al mese spende il 46% del proprio reddito in alimentazione.
Ribadiamo, infine, che il costo della materia prima, ossia del grano, incide solo in minima parte sul prodotto finale. Nel caso di spaghetti incide solo per il 22,8% e non del 60% come sostenuto da Unipi.
Questo vuol dire che per avere un aumento della pasta del 20% il costo del grano avrebbe dovuto praticamente raddoppiare.

Anche i produttori di pasta – commentano le 4 associazioni – hanno deciso di difendere strenuamente gli aumenti dei prezzi al dettaglio, ma questi dati dimostrano come i nostri allarmi siano del tutto fondati, e che sbaglia il Ministro Bersani a sottovalutare il fenomeno dei rincari e soprattutto manifestazioni di protesta dei consumatori come lo sciopero della pasta, iniziativa che ha avuto risonanza mediatica mondiale e di cui il Governo – nonché i produttori e i commercianti – dovrebbero tenere conto, se non vogliono andare incontro ad un nuovo sciopero dei consumatori, che sarà indetto da Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori qualora non si metta un freno al rincaro selvaggio dei prezzi.

















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