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Sopravvissuti all’era glaciale

L'analisi genomica su larga scala condotta in un recente studio internazionale documenta le migrazioni dei cacciatori-raccoglitori dell'era glaciale per un periodo di 30.000 anni: dall’indagine emerge che si rifugiarono nell'Europa occidentale ma si estinsero nella penisola italiana

Oberkassel (Credit Jürgen Vogel, LVR-Landes Museum Bonn)

Con il più grande set di genomi di cacciatori-raccoglitori europei preistorici mai generato, un gruppo di ricerca internazionale ha riscritto la storia genetica dei nostri antenati. Pubblicato sulla rivista Nature, lo studio ha coinvolto 125 scienziati internazionali coordinati da ricercatori dell’Università di Tubinga (Germania), dell’Università di Pechino (Cina) e del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia (Germania).

È stata coinvolta anche l’Università di Bologna, con studiosi del Laboratorio di Osteoarcheologia e Paleoantropologia (BONES Lab) e del Bologna Radiocarbon laboratory devoted to Human Evolution (BRAVHO 14C Lab).

Il gruppo di ricerca internazionale ha analizzato i genomi di 356 cacciatori-raccoglitori preistorici di diverse culture archeologiche, inclusi nuovi set di dati di 116 individui provenienti da 14 diversi paesi europei e dell’Asia centrale.

Lo studio si concentra sui popoli vissuti tra 35.000 e 5.000 anni fa che sono, almeno in parte, gli antenati di chi oggi vive nell’Eurasia occidentale, includendo per la prima volta i genomi di persone vissute nell’Ultimo Massimo Glaciale, la fase più fredda dell’ultima era glaciale.

 

RIFUGIO CLIMATICO O VICOLO CIECO?

Sorprendentemente, il team di ricerca ha scoperto che le popolazioni che si stabilirono nel continente europeo tra 32.000 e 24.000 anni fa (cultura gravettiana) non erano strettamente imparentate tra loro. Erano legati da una cultura archeologica comune: usavano armi simili e producevano manufatti dello stesso tipo. Geneticamente, tuttavia, le popolazioni dell’Europa occidentale e sudoccidentale (l’odierna Francia e la penisola iberica) erano differenti dalle popolazioni contemporanee dell’Europa centrale e meridionale (l’odierna Repubblica Ceca e l’Italia).

Il patrimonio genetico dei cacciatori-raccoglitori di questo periodo da sud-ovest si trova ininterrottamente per almeno 20.000 anni: i loro discendenti rimasero nell’Europa sud-occidentale durante il periodo più freddo dell’ultima era glaciale (tra 25.000 e 19.000 anni fa) dando vita alla cultura solutreana e magdaleniana, e successivamente si spostarono verso nord-est nel resto d’Europa.

“Con questi risultati, possiamo per la prima volta supportare direttamente l’ipotesi che l’Europa sud-occidentale abbia offerto condizioni climatiche più favorevoli durante l’Ultimo Massimo Glaciale affinché popoli di cacciatori-raccoglitori trovasse rifugio qui”, afferma il primo autore della ricerca Cosimo Posth (Università di Tubinga).

Tuttavia, le popolazioni di cacciatori-raccoglitori associate alla cultura gravettiana che erano presenti nell’Europa centrale e meridionale scomparvero dopo l’Ultimo Massimo Glaciale. Questo significa che un nuovo pool genetico si insediò in queste aree.

“Abbiamo scoperto che gli individui associati a una cultura successiva, l’Epigravettiano, erano geneticamente distinti dai precedenti abitanti dell’area”, afferma il coautore He Yu (Università di Pechino). “Presumibilmente, queste persone provenivano dai Balcani, arrivarono prima nel nord Italia intorno al periodo del massimo glaciale e si diffusero verso il sud fino alla Sicilia”.

Fondamentale per chiarire questi aspetti è stato il ruolo del BONES Lab dell’Università di Bologna, che ha documentato, studiato e campionato i resti umani dei siti archeologici di Riparo Tagliente (Verona) e Grotte di Pradis (Pordenone).

“Nell’ambito di questa ricerca, presso il BONES Lab dell’Università di Bologna abbiamo studiato in particolare il dente deciduo di Grotte di Pradis, nel Comune di Clauzetto, in provincia di Pordenone”, spiega Stefano Benazzi, professore al Dipartimento di Beni culturali dell’Alma Mater, direttore del BONES Lab e co-autore dello studio. “Il reperto ha infatti rivestito un ruolo fondamentale nel retrodatare l’arrivo di nuovi gruppi umani dai Balcani nel nord-est della penisola italiana tra 24.000 e 20.000 anni fa: questi gruppi si sono poi diffusi nell’intera penisola, rimpiazzando la popolazione precedente e sostituendo quindi la cultura gravettiana con quella epigravettiana”.

Insieme al professor Benazzi, il lavoro del BONES Lab ha coinvolto Matteo Romandini, Eugenio Bortolini e Gregorio Oxilia, tutti attivi al Dipartimento di Beni culturali dell’Università di Bologna (Campus di Ravenna).

 

SOSTITUZIONE GENETICA SU LARGA SCALA

I genomi analizzati mostrano anche che i discendenti di questi abitanti epigravettiani della penisola italiana si diffusero in tutta Europa circa 14.000 anni fa, sostituendo le popolazioni associate alla cultura magdaleniana. Il team di ricerca descrive un rimpiazzamento genetico su larga scala che potrebbe essere stato causato, in parte, dai cambiamenti climatici che hanno costretto le persone a migrare.

“A quel tempo, il clima si è riscaldato rapidamente e considerevolmente e le foreste si sono diffuse in tutto il continente europeo. Ciò potrebbe aver spinto le popolazioni del sud ad espandersi. Gli abitanti precedenti potrebbero invece essere migrati verso nord quando il loro habitat, la steppa, si ridusse”, afferma Johannes Krause (Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology), autore senior dello studio.

“Le 116 datazioni al radiocarbonio realizzate sono state fondamentali per confermare questo importantissimo studio: grazie alla possibilità di ottenere datazioni sempre più precise, riusciremo a fare più luce anche sulle importanti dinamiche climatiche e le loro conseguenze”, aggiunge Sahra Talamo, professoressa al Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” dell’Università di Bologna, direttrice del BRAVHO 14C Lab e co-autrice dell’articolo.

I risultati ottenuti dagli studiosi mostrano inoltre che per più di 6.000 anni non ci fu alcuno scambio genetico tra popolazioni contemporanee di cacciatori-raccoglitori nell’Europa occidentale e orientale. Le interazioni tra popoli dell’Europa centrale e orientale possono essere rilevate di nuovo solo a partire da 8.000 anni fa.

“A quel tempo, cacciatori-raccoglitori con profili genetici e aspetto diversi iniziarono a mescolarsi tra loro. Erano diversi in molte caratteristiche, tra cui la pelle e il colore degli occhi”, dice He Yu.

Durante questo periodo l’agricoltura e uno stile di vita sedentario si diffusero dall’Anatolia all’Europa.

“È possibile che la migrazione dei primi agricoltori in Europa abbia innescato il ritiro delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori verso i margini settentrionali del continente; allo stesso tempo, questi due gruppi iniziarono a mescolarsi tra loro e continuarono a farlo per circa 3.000 anni”, afferma Krause.

“I dati che abbiamo ottenuto da questo studio ci forniscono intuizioni sorprendentemente dettagliate sugli sviluppi e gli incontri dei gruppi di cacciatori-raccoglitori dell’Eurasia occidentale”, riassume Posth. “Ulteriori ricerche interdisciplinari chiariranno quali esatti processi sono stati responsabili delle sostituzioni genetiche di intere popolazioni dell’era glaciale”.

 

Didascalia immagine: la più antica prova di migrazione durante un riscaldamento climatico: cranio maschile e femminile sepolto nella Germania occidentale (Oberkassel) circa 14.000 anni fa. Geneticamente questi individui provenivano da regioni meridionali

(credit: Jürgen Vogel, LVR-LandesMuseum Bonn)

















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