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Quando scioperano gli ispettori del lavoro: solo 25 per 55 mila aziende reggiane (e lo stato non paga loro gli arretrati)

Combattono impieghi in nero e le situazioni che creano infortuni.

Ma sono pochi e con mezzi carenti. Oggi coi colleghi del settore amministrativo hanno incrociato le braccia davanti alla prefettura

Oltre 55 mila aziende a Reggio Emilia, un 2023 da 5.868 infortuni sul lavoro in sette mesi, ma attenzione a questo dato: lo Stato schiera a Reggio e provincia 25 ispettori del lavoro – sei dei quali  ancora in fase di formazione – e da tre anni non paga nemmeno gli arretrati né a loro né ai colleghi preziosi dell’area amministrativa. Quindi palla al centro e parola allo sciopero, iniziato stamane davanti alla prefettura di corso Garibaldi.

 

MANCANO BANCHE DATI, SITUAZIONE DA ANNI ‘80

Si chiama Ispettorato del lavoro ed è composto da due ordini di professionisti: quelli che fanno funzionare la macchina amministrativa con l’ufficio legale, i servizi ai cittadini per le pratiche sulle dimissioni, le maternità, l’autorizzazione al lavoro minorile e molto altro.

E poi ci sono gli ispettori che vanno in prima linea sui cantieri e nelle aziende. Figure con responsabilità enormi di polizia giudiziaria.

Amministrativi e ispettori lavorano in condizioni tali che la notizia della rivoluzione digitale sembra non pervenuta a Roma. Siamo fermi agli anni ‘80, l’accesso ad alcune banche dati è ancora proibitivo. Ad esempio, ci sono casi in cui l’Ispettorato deve chiedere alle aziende informazioni delle quali dovrebbe poter disporre in autonomia. Delle dotazioni informatiche che dire? Poche e inadeguate.

Con tanti cari saluti al concetto di produttività.

LA LETTERA A GIORGIA MELONI

Il personale dell’Ispettorato, non dimentichiamolo, utilizza auto, telefoni e perfino lo Spid privato, perché lo Stato non fornisce strumenti adeguati.

Queste sono solo alcune delle storie raccontate da chi oggi ha protestato davanti alla prefettura di Reggio Emilia, come in tante altre prefetture in giro per l’Italia. È pure partita una lettera all’indirizzo del premier Giorgia Meloni. Una lettera chiarissima, nella quale  spiegano la loro condizione di servitori di serie B dello Stato gli uomini e le donne che dovrebbero essere la punta di diamante per costruire e far rispettare la sicurezza e la legalità  sui luoghi del lavoro.

 

TRE ANNI DI ARRETRATI

Ad esempio, è dal 2020 che il personale dell’Ispettorato del lavoro aspetta il pagamento di una delle voci che compongono lo stipendio. Si chiama indennità di amministrazione ed è stata versata a tutti i dipendenti dei vari ministeri.

A chi protegge il lavoro, invece, nulla.

FRANCO, RSU FP CISL: «PROTEGGIAMO IMPRESE E LAVORATORI. LA SERIE B E’ CHI DICE SICUREZZA E POI SALUTA E SE NE VA»

Franco Quercia, ispettore del lavoro in servizio a Reggio Emilia, ha un’esperienza di quasi 20 anni di servizio e ha scelto l’impegno sindacale in Cisl Emilia Centrale come rsu della categoria Funzione pubblica, cioè come rappresentante eletto dai suoi colleghi di lavoro.

«Sì, è vero. È dal 2020 che a noi dell’Ispettorato nazionale del lavoro non pagano l’indennità. Vorrei essere chiaro su un punto, però. La nostra non è una protesta solo per questioni economiche – spiega Franco – Oggi scioperiamo per chiedere di poter fare ancora di più per proteggere la comunità».

Quercia ci pensa un attimo e aggiunge: «Non mi piace il sindacato che parla senza farsi capire dalle persone e allora voglio essere chiaro: le condizioni in cui lavoriamo, sommate all’assurdità degli arretrati non pagati, rendono l’Ispettorato nazionale del lavoro un impiego poco interessante. Ed ecco perché molti vincitori di concorso non hanno mai preso servizio, preferendo andare in altri ministeri. In questo modo diventa cronica la nostra carenza di organici. Diciamola così: in un Paese moderno il lavoro sicuro e di qualità è al centro di tutto. La serie B non siamo noi che lo difendiamo. La serie B è chi dice “sicurezza” e poi, spente le telecamere, saluta e se ne va».

 

















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