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Al Museo civico di Modena riaprono le sale Campori e Sernicoli

Sala Campori, le nuove postazioni multimediali

Da Dürer a Guercino, per rivedere e “toccare” alcuni vertici dell’arte rinascimentale e barocca, anche, per esempio, attraverso un inedito dialogo pittorico, tutto al femminile, tra Lavinia Fontana ed Elisabetta Sirani. E poi ancora nuovi percorsi virtuali, ricostruzioni 3D e avanzati touch screen per maneggiare, appunto, dipinti e preziose stampe d’epoca, riscoprendo anche le opere dei depositi museali.

A tre anni dalla chiusura parziale per lavori, il percorso espositivo del Museo civico di Modena torna a comprendere le sale delle raccolte Campori e Sernicoli che, in spazi caratterizzati da nuovi allestimenti e da un apparato tecnologico multimediale, restituiscono alla città importanti opere della cultura artistica emiliana tra XV e XVIII secolo.

La riapertura delle due sale, sotto il titolo “Nuove visioni”, è in programma sabato 2 dicembre alle 17.30, con gli interventi del sindaco Gian Carlo Muzzarelli, dell’assessore alla Cultura Andrea Bortolamasi, della direttrice del Museo civico Francesca Piccinini, dei curatori Stefano Bulgarelli e Cristina Stefani e del presidente del comitato provinciale Unicef Lorenzo Iughetti. Nell’ambito dell’intervento, infatti, è stata realizzata anche una sala relax, con spazio attrezzato per mamme e neonati, grazie al contributo del club Soroptimist International di Modena, nell’ambito di un programma nazionale Unicef a sostegno dell’allattamento.

Le sale, dedicate alle raccolte del marchese Matteo Campori e del commercialista Carlo Sernicoli, erano state chiuse nel 2020 per consentire lavori di consolidamento antisismico e di adeguamento degli impianti. Il nuovo allestimento delle sale è stato finanziato con risorse del Fondo cultura 2021 del ministero dei Beni culturali, nell’ambito del progetto Open Gate che comprende anche una diffusa campagna di digitalizzazione del patrimonio del Museo civico e dell’Archivio storico comunale, e l’allestimento del piano terra dell’ex Ospedale Estense.

“La riapertura delle due sale – commenta l’assessore alla Cultura Andrea Bortolamasi – è una bella notizia per tutta la nostra comunità. Il Museo civico è di tutte e tutti i modenesi: è un luogo di memorie individuali e storie collettive, che custodisce il passato e proietta il futuro. Il lavoro svolto in questi anni – prosegue Bortolamasi – riconsegna spazi rinnovati, con una particolare attenzione alla dimensione digitale, per una fruizione sempre più amplia del nostro patrimonio culturale”.

Il progetto di riallestimento delle sale Campori e Sernicoli è stato curato dal Museo, in collaborazione con il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna e il coordinamento del professor Matteo Agnoletto. Tra gli obiettivi, una maggiore chiarezza del percorso espositivo, che punta anche a valorizzare il racconto delle due collezioni, donate alla città rispettivamente nel 1929 e nel 2007.

Nella sala Sernicoli si possono ammirare preziosi argenti estensi e una trentina di importanti dipinti (come quelli di Guercino, Donato Creti ed Elisabetta Sirani) collezionati dal commercialista, grazie anche alla consulenza di autorevoli storici dell’arte tra cui Federico Zeri.

La collocazione dei dipinti nell’originaria Galleria creata dal marchese Campori in via Ganaceto, edificio poi bombardato nel 1944, viene ricostruita con un suggestivo video in 3D. La raccolta, che comprende anche le opere di Giuseppe Maria Crespi, Luca Ferrari, Cerano, Ludovico Lana, Nicolas Regnier e Piranesi, è arricchita anche da inedite postazioni multimediali dedicate all’approfondimento delle opere esposte e alla visione ravvicinata di un significativo numero di stampe, tra cui quelle di Albrecht Dürer, Ugo da Carpi, Canaletto e Agostino Carracci. Inaugurando la Galleria nel 1925, il marchese offrì ai presenti un rinfresco accompagnato da vermouth, ed è proprio a base di vermouth il brindisi previsto per l’inaugurazione di sabato, a cura della vermuteria bolognese Bollore.

Il programma legato alla riapertura delle due sale prevede nelle prossime settimane visite guidate e laboratori per bambini. Programma completo: www.museocivicomodena.it.

LE INIZIATIVE PER SCOPRIRE I NUOVI ALLESTIMENTI

Laboratori per i più piccoli e visite guidate per scoprire temi e opere delle rinnovate sale del Museo civico, che ospitano le collezioni donate da Matteo Campori e Carlo Sernicoli.

Proprio il concetto di dono, che caratterizza l’imminente periodo natalizio ma soprattutto, appunto, la storia delle Raccolte civiche, è al centro di un laboratorio per bambini dai 5 ai 10 anni. “L’arte del dono” è un percorso pensato per decorare l’albero di Natale del Museo, attraverso la scoperta delle vicende dei due collezionisti e le suggestioni del racconto “Ti dono il mio cuore” di Pimm van Heast e Sassafras De Bruyn (testo italiano del premio Strega per la poesia Vivian Lamarque). Primo appuntamento domenica 3 dicembre alle 16, con replica nelle due domeniche successive del 10 e del 17; poi nuovamente mercoledì 3 gennaio, ore 10.30, e sabato 6 gennaio ore 16. In calendario, anche visite guidate alle due sale con i curatori dei nuovi allestimenti, Stefano Bulgarelli e Cristina Stefani, in programma venerdì 8, sabato 9, martedì 26 e sabato 30 dicembre, alle 16, e poi domenica 7 gennaio, sempre alla stessa ora.

Tutte le iniziative sono gratuite fino a esaurimento posti, con prenotazione consigliata (palazzo.musei@comune.modena.it; 0592033125).

“L’IMPRESA” DEL COLLEZIONISTA CAMPORI

“Creare un museo che crede nell’immaginazione, nel piacere di immergersi nello spettacolo del passato”. Riecheggiano le parole del marchese Matteo Campori, nel rinnovato e interattivo allestimento della sala che ne ospita la collezione e che, tra le novità, presenta una ricostruzione in 3D dell’originaria Galleria da lui fondata.

Raffinato esteta e curioso del restauro e delle più accurate raccolte d’arte, in Italia e all’estero, Matteo Campori (1856-1933) è stato autore di un’impresa collezionistica familiare. Dalle più antiche raccolte del cardinale Pietro Campori (1553-1643), a quelle dello storico Giuseppe Campori (1821-1887), la collezione del marchese rappresenta un viaggio ideale, di quasi cinque secoli, tra il colore della pittura veneziana, la Bologna dei Carracci e di Guido Reni, e la rivoluzione della luce compiuta da Caravaggio. Giuseppe Maria Crespi, Luca Ferrari, Francesco e Agostino Stringa, sono autori di queste tradizioni, i cui dipinti erano originariamente collocati a palazzo Campori in via Ganaceto, donato al Comune, insieme alle opere, nel 1929.

Un primo video ricostruisce in 3D proprio l’originaria Galleria del palazzo fondata dal marchese e la collocazione dei dipinti, prima di essere distrutti o assai compromessi da un bombardamento del 1944. Gli interni, ricostruiti virtualmente attraverso documentazione storica, restituiscono l’atmosfera calda e accogliente dovuta all’ordinata disposizione delle opere, illuminate da grandi lucernai.

Un secondo video ripercorre invece lo stretto legame tra la Galleria, il suo fondatore e il pubblico che la frequentava, grazie alle parole proprio di Matteo Campori, tratte dal testo “Come divenni collezionista di cose d’arte”, da lui scritto per un catalogo della Galleria pubblicato nel 1924.

Tra le novità del nuovo allestimento, anche l’opportunità per i visitatori di estrarre da griglie ispezionabili alcune preziose stampe, tra cui quelle realizzate da alcuni maestri dell’arte incisoria come Albrecht Dürer, Marcantonio Raimondi, Agostino Carracci, Canaletto e Piranesi. Per ragioni conservative di rotazione, è predisposto un touch screen che consente di fruire digitalmente dell’intera raccolta, permettendo suggestivi ingrandimenti, così da cogliere i dettagli anche più piccoli.

Un secondo dispositivo, invece, offre la possibilità di approfondire non solo le opere esposte ma anche quelle conservate nei depositi del Museo civico o collocate in altri luoghi in città. Tra queste, anche dipinti, arredi e sculture distrutti dal bombardamento della Galleria o restituiti agli eredi Campori.

Sala Sernicoli, gli argenti della collezione

I CAPOLAVORI DEL “COMMERCIALISTA” SERNICOLI

C’è il fiuto e il gusto del collezionista, ma anche “l’occhio” di eccezionali consiglieri come lo storico dell’arte Federico Zeri, dietro la raccolta di dipinti e argenti di Carlo Sernicoli (1938-2007), che rivive nella rinnovata sala del Museo civico a lui dedicata. Le opere – firmate, tra gli altri, da Guercino, Elisabetta Sirani, Donato Creti, Ubaldo Oppi e Virgilio Guidi – compongono una raccolta costituita negli anni grazie agli stretti rapporti del noto commercialista modenese con storici, critici d’arte, antiquari e la partecipazione a importanti case d’asta, come quelle tenute dalla celebre Christie’s, a New York.

Morto senza eredi diretti, all’età di 69 anni, Sernicoli donò la propria collezione al Comune di Modena nel 2007. Le scelte compiute dal collezionista rivelano il motivo ispiratore della sua collezione: il recupero di opere legate alla cultura artistica della sua regione. Avvalendosi di consulenze di autorevoli storici dell’arte, come Daniele Benati, Renato Roli, Federico Zeri e Denis Mahon, e acquistando direttamente nel mercato antiquario, soprattutto nel corso degli anni ’80 e ’90, Sernicoli costituì una galleria di grande valore che documenta il panorama artistico emiliano dal XV al XVIII secolo.

Nel rinnovato allestimento, posizione di primo piano assumono la “Vergine Assunta” di Guercino (del 1657) e la “Galatea” di Elisabetta Sirani (del 1664), pittrice che raggiunse una grande fama per l’eccezionalità della sua condizione di donna dedita a un mestiere ritenuto maschile. In particolare, per il suo notevole talento pittorico, Sirani venne ritenuta dai contemporanei “il miglior pennello di Bologna”, oltre a essere fregiata del titolo di “maestra”.

Più in generale, il percorso di mostra ripercorre con esempi significativi l’evoluzione della pittura barocca in area regionale, partendo da una fase antecedente, con due rari capolavori tardogotici, (“Madonna con Bambino” di Giovanni da Modena e “Cristo portacroce” di Francesco Bianchi Ferrari), per proseguire con dipinti che marcano la cesura tra Cinquecento e Seicento, come quelli di Bartolomeo Passarotti e Pietro Faccini, e opere pienamente barocche come quelle di Lucio Massari, Alessandro Tiarini, Luca Ferrari, Michele Desubleo e Pier Francesco Cittadini.

Il percorso continua con dipinti di periodi anche successivi che, dal Settecento di Donato Creti, Ignazio Stern e Giuseppe Maria Crespi, si spingono fino al Novecento di Ubaldo Oppi, Virgilio Guidi e Pompeo Borra, che costituiscono il nucleo iniziale della collezione, prima che le scelte di Sernicoli si orientassero verso la pittura più antica.

Di grande importanza anche la piccola ma significativa collezione di argenti, recanti tutti il marchio dell’aquila del Ducato estense. Gli esemplari sono riconducibili alla produzione degli argentieri modenesi attivi tra il XVIII e il XIX secolo, rappresentando una preziosa testimonianza dell’attività delle botteghe orafe cittadine. Nel 2013, inoltre, la collezione si è arricchita di una coppia di rari e sontuosi candelieri ducali recanti lo stemma di Francesco IV, acquisiti grazie a una sottoscrizione cittadina.

IN MOSTRA ANCHE LE OPERE DEI DEPOSITI

C’è anche un museo invisibile, che vive nei grandi e silenziosi depositi, ma anche nelle relazioni con altre realtà culturali. Il nuovo allestimento delle sale Campori e Sernicoli punta i riflettori anche su questo cuore nascosto del Museo civico di Modena, con due spazi speciali, “Focus on dai depositi” e “Quadro ospite”, progettati per approfondire opere e temi collegati alle due collezioni, con dipinti solitamente non esposti.

“Focus on dai depositi” è il titolo di una parete di sala Campori che ospiterà, di volta in volta, dipinti della collezione che per ragioni di spazio non possono essere esposti. Il primo approfondimento è dedicato alla storia di tre opere attribuite al pittore genovese Orazio De Ferrari. Si tratta, in realtà, di tre frammenti derivanti da un’unica grande tela raffigurante l’ingresso di Cristo a Gerusalemme, originariamente esposta nella chiesa del castello Montecuccoli Laderchi di Guiglia, sull’Appennino modenese. Fu proprio Matteo Campori a ritagliare e conservare le sole parti a suo parere più interessanti dell’opera, ritenendo che “nell’insieme non riusciva gustosa”.

Nella sala Sernicoli, la parete intitolata “Quadro ospite” è dedicata all’esposizione di opere custodite nei depositi museali o richieste in prestito a istituti culturali e collezionisti privati, per approfondire temi collegati ai dipinti della collezione. Il primo “ospite” è il “Ritratto di Carlo Sigonio” di Lavinia Fontana (1552-1614), posto in dialogo con la “Galatea” di Elisabetta Sirani (1638-1665). Due donne, due pittrici, entrambe figlie d’arte, in grado di fare breccia in un mondo fortemente maschile: Lavinia Fontana, la prima donna a raggiungere il successo professionale al di fuori dei confini di una corte o di un convento, ed Elisabetta Sirani, la prima donna a fondare una Scuola femminile di pittura in Europa.

Figlia del pittore Prospero Fontana, Lavinia, anche grazie alla fitta rete di amicizie paterne, è la ritrattista più ambita dagli studiosi nella Bologna del cardinale Gabriele Paleotti. Tra desideri di gloria e valori etici, la moda di essere ritratti diventa esigenza imprescindibile per l’uomo di cultura, come il noto studioso Carlo Sigonio (Modena, 1523 circa-1584). Il dipinto, esposto recentemente alla grande mostra sulla pittrice allestita alla National Gallery di Dublino, fu realizzato nel 1578 quando Sigonio si trasferì a Bologna dove aveva ottenuto la cattedra di Eloquenza. Giunto al Museo civico nel 1878 da Palazzo Comunale, l’opera registra con minuziosa attenzione gli oggetti che simboleggiano il ruolo del professore universitario: l’abito, il manto foderato di pelliccia, i libri, il tagliacarte, il calamaio, definiscono con sobrio rigore l’immagine ufficiale dell’erudito.

ARRIVA IL “BABY PIT-STOP” PER GENITORI E BIMBI

Sedute confortevoli su cui riposarsi, una variegata libreria montessoriana ad altezza bimbo, e poi ancora un’area per l’allattamento e per il cambio pannolini. Oltre alle due sale Campori e Sernicoli, il Museo civico di Modena inaugura anche una zona relax per i propri fruitori arricchita, appunto, da un “baby pit-stop”, spazio attrezzato per le esigenze dei più piccoli e dei loro genitori, offerto da Soroptimist international club di Modena, nell’ambito di un programma promosso da Unicef.

La donazione permette al Museo civico di ampliare la propria accoglienza, con un’area attrezzata per l’allattamento che diventa luogo di riposo e svago per tutti, con comodi pouf per la seduta, una libreria per bimbi e la collocazione, nei bagni, di un comodo fasciatoio per il cambio dei neonati.

L’iniziativa, realizzata per garantire i diritti sanciti dalla Convenzione internazionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, prevede l’allestimento, anche in luoghi di cultura, di aree attrezzate per accogliere le mamme che vogliono allattare quando si trovano fuori casa. “L’allattamento al seno – spiegano i promotori dell’iniziativa – richiede una sua catena salda di sostegno e assistenza competente alle madri, perché possano avere fiducia in sé stesse e per mostrare loro come fare, e come proteggersi da pratiche dannose. Se questa catena salda si è persa nella nostra cultura, o ha dei difetti, è giunto il tempo di farla rifunzionare”.

















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