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Indagine Federconsumatori, SPI, Inca e CAF Cgil sulle pensioni dei modenesi

Questa seconda indagine sui redditi da pensione a Modena e provincia, elaborata sui dati della società fiscale della Cgil ed effettuata in collaborazione tra lo Spi Cgil, Federconsumatori, Inca e CAF CGIL di Modena, contiene una novità. Presentiamo in questa occasione non solo i dati relativi all’evoluzione del potere d’acquisto delle pensioni dei modenesi, ma parliamo anche di chi in pensione non c’è ancora, proponendo valutazioni sul futuro pensionistico dei giovani” – spiegano Roberto Righi, segretario Generale Spi Cgil Modena; Marzio Govoni, presidente Federconsumatori Provincia Modena Aps; Elisabetta Valenti, responsabile Caaf Cgil Modena e Antonio Petrillo, direttore patronato Inca Cgil Modena.

“La prima parte dell’indagine si riferisce alle dichiarazioni dei redditi presentate dai modenesi nel 2023 e relative ai redditi del 2022, tramite quello che è largamente il primo CAF della nostra provincia. Analogamente a quanto fatto per l’indagine sui redditi da lavoro dipendente, la serie storica sulla quale è stato costruito il confronto dei dati si riferisce al periodo 2016–2022 ed analizza, per i soli redditi 2022, 44.470 certificazioni uniche, per un importo complessivo pari a 811,7 milioni di Euro. I dati evidenziano in provincia di Modena una forte perdita del potere di acquisto delle pensioni; in un solo anno (variazione rispetto all’anno 2021), si registra un arretramento che mediamente raggiunge il 4.9%.

I dati ci consegnano una prima riflessione: l’incremento delle pensioni deciso dal Governo per fronteggiare un livello di inflazione che nel 2022 aveva raggiunto l’8.1%, non è stato minimamente in grado di arginare la perdita del potere di acquisto delle pensioni.
Non solo: nel raffronto con le pensioni del 2016 il potere di acquisto dei pensionati e delle pensionate di Modena si riduce di quasi 1200 euro (-6.2%). Se analizziamo e scomponiamo il dato, si notano significative differenze reddituali sia rispetto all’anzianità anagrafica, che al genere ed al territorio. Nella nostra analisi registriamo, per i redditi 2022, il livello medio pensionistico più elevato nella fascia di età 65–74 anni (20.931 €); di converso quello più basso lo si registra nella fascia di età superiore a 85 anni (15.854 €). Nelle fasce di anzianità intermedie si nota un aumento delle prestazioni pensionistiche all’aumentare degli anni di vita. Un dato che aiuta a comprendere la perdita del potere di acquisto delle pensioni: nella fascia di età 55–64 anni rileviamo nell’anno fiscale 2016 una pensione media pari a 22.437 Euro, mentre nell’anno 2022, dopo la rivalutazione dei redditi in base all’indice dei prezzi al consumo FOI–ISTAT, ci si attesta a 17.811 Euro.

Si amplia ulteriormente il divario reddituale di genere; per le dichiarazioni presentate nel 2023 la distanza tra pensionati e pensionate è di 4.800 euro. Un dato molto complicato, che conferma quanto abbiamo registrato nell’indagine sui redditi da lavoro dipendente, ed è determinato dalla presenza prevalente delle donne nei settori poveri, ad elevata irregolarità, ed in quelle aree dove la maggior parte dei contratti è a part–time, spesso involontari. E’ evidente che la mancata continuità contributiva, anche determinata dall’avere delegato alle donne il ruolo di cura e tutela della famiglia, determina una contrazione importante delle pensioni. Si accentua ulteriormente il divario territoriale. La città di Modena (l’area che nel tempo perde meno) vede una perdita del potere di acquisto delle pensioni del 4,1%, rispetto all’anno 2021, seguita a poca distanza dalle aree di Castelfranco Emilia e collinare-montana, con una riduzione del 4.2%. In fondo alla classifica due aree: Vignola che vede una contrazione del 5.5% e l’area di Mirandola che arretra del 6.1%. In termini assoluti i pensionati dell’area di Mirandola rispetto ai pensionati Modenesi hanno subito una ulteriore riduzione della capacità di spesa di circa 280,00 euro nel 2022.

Questo, sommariamente, quanto accaduto a pensionati e pensionate. Ma è altrettanto importante esaminare il futuro pensionistico di chi oggi lavora, a partire dai più giovani. Lo abbiamo fatto prendendo a riferimento quattro ragazze e ragazzi modenesi con percorsi di studio e lavoro diversi e mettendo in correlazione le loro condizioni occupazionali e quindi l’attesa pensionistica. Emerge, con grande chiarezza, che le riforme previdenziali che si sono susseguite hanno peggiorato in modo nettissimo il futuro delle giovani generazioni, che andranno in pensione molto più tardi e con un assegno, in prevalenza, insufficiente a garantire una vita dignitosa.

Per i nostri quattro ragazzi, per nulla virtuali, tenendo in conto sia i requisiti di vecchiaia che di anzianità, è prevedibile siano necessari fino a dieci anni di lavoro in più dei propri padri, per giungere al pensionamento. Rispetto invece alle dimensioni dell’assegno pensionistico, con un calcolo economico frutto di un’analisi della stessa Ragioneria dello Stato, nei prossimi decenni il tasso di sostituzione salario-pensione si attesterà al 64% per i lavoratori dipendenti e al 51% per i lavoratori autonomi.
In altre parole il futuro ci riserva una vita lavorativa sempre più lunga ed un assegno pensionistico sempre più ridotto. Ciò accadrà in modo più vistoso per tutte le persone con carriere lavorative precarie e/o ad orario ridotto, in prevalenza donne, e con poche prospettive di carriera. Uno scenario, con infiniti effetti negativi, che non è sufficientemente preso in considerazione dalla politica e dai Governi. 

Il tema della rivalutazione delle pensioni deve invece tornare ad essere un impegno prioritario del Governo. Occorre ricordare che i pensionati rappresentano oggi il primo e più importante “ammortizzatore sociale” delle famiglie, anche in termini di trasferimento di risorse economiche dai genitori ai figli; ma se anche questa fascia di popolazione continua ad impoverirsi, quale futuro attende la società modenese? E’ indispensabile trovare le risorse per indicizzare correttamente le pensioni, anche attraverso una vera riforma fiscale che preveda una lotta vera e senza quartiere all’evasione fiscale, che tassi i grandi patrimoni e che agisca sugli extra profitti, fermando la crescita delle diseguaglianze.
Non è solo un atto di giustizia sociale ma dovrebbe rappresentare un punto strategico per garantire la coesione sociale. Allo stesso tempo, se si vuole evitare che le attuali generazioni di lavoratori diventino nel futuro pensionati poveri è necessario, tra le altre cose, agire rapidamente per il superamento di norme che generano lavoro precario e povero, garantendo un lavoro stabile, di qualità ed adeguatamente retribuito” – concludono Federconsumatori-SPI CGIL-CAF.

 

Report Redditi da pensione a Modena: presente e futuro (scarica il pdf)

















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