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Modena, Francesca Maletti in visita al carcere S. Anna

Nella mattinata di giovedì 18 luglio la vicesindaca Francesca Maletti si è recata presso la Casa circondariale S. Anna di Modena per consegnare ai detenuti il “Codice ristretto”, una guida sintetica e di facile comprensione per orientarsi negli articoli dell’Ordinamento penitenziario finalizzati ad ottenere misure alternative al carcere. La diffusione del vademecum intende sostenere la cultura dei benefici penitenziari e delle misure alternative alla detenzione.

Insieme alla vicesindaca, anche il Garante per il Comune di Modena dei diritti delle persone private della libertà personale Giovanna Laura De Fazio e il consigliere regionale Luca Sabattini. L’iniziativa, che si è svolta contemporaneamente nelle carceri della regione, è stata promossa, infatti, dal Garante regionale dei detenuti e dalla Camera penale di Bologna con il sostegno della Commissione per la Parità e i diritti delle persone dell’Assemblea legislativa regionale.

A Modena l’incontro con il direttore del carcere, Orazio Sorrentini, presente anche il vicecomandante della Polizia penitenziaria e la referente degli educatori, ha visto inoltre partecipare il cappellano del carcere don Angelo Lovati e un rappresentante dell’Ucoi (Unione delle Comunità islamiche) di Modena.

“Il carcere ha una funzione riparatrice e educatrice”, sottolinea Francesca Maletti, che era già stata ricevuta al S. Anna in qualità di vicepresidente della Commissione regionale sociale e sanità. “In tali condizioni di sovraffollamento, che accomunano il penitenziario di Modena agli altri della regione (540 i detenuti ospitati nella struttura modenese che ha una capienza di 370) e che influiscono pesantemente sulla carenza di opportunità – continua la vicesindaca – occorre chiedersi se risulti più efficace la detenzione o misure alternative che interessano il magistrato di sorveglianza, ma che presuppongono una rete di opportunità che coinvolge chi può offrire occasioni lavorative e soluzioni abitative; basti pensare che due terzi dei detenuti sono stranieri, molti dei quali privi di una rete di sostegno. Per i tanti che sono privi anche di permesso di soggiorno, la questione si complica ulteriormente ed è anche normativa, perché chi può lavorare all’interno del regime penitenziario, una volta scontata la pena si trova invece nelle condizioni di irregolare, senza documenti. E infatti il rischio di evasione aumenta quando si avvicina il fine pena. Tutti temi – conclude Maletti – di cui occorre farsi carico ad ogni livello, dal cambiamento normativo nazionale fino al livello locale, se vogliamo veramente tentare la strada del reinserimento sociale delle persone che hanno commesso reati affinché non continuino a costituire un pericolo per le altre persone e la comunità”.

















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