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Una cintura rossoblu costellata di maxisagome “museali” riveste da oggi il cantiere della Garisenda

Tre capolavori della Bologna medievale si stagliano sul rivestimento che avvolge il cantiere della Garisenda. Un invito rivolto a tutti – cittadini e visitatori – a scoprire i tesori antichi custoditi nei Musei civici cittadini, ma anche un dispositivo simbolico e identitario, destinato ad accompagnare la vita del cantiere e della città per la durata dei lavori.

La prima maxi sagoma è quella di un cavaliere appostato a presidio di piazza di Porta Ravegnana, da dove sbuca affacciandosi sul fronte di via Rizzoli. È il prezioso acquamanile conservato nel Museo civico medievale, opera in bronzo di un maestro della Germania settentrionale, datata 1230-1240 e appartenuta a un raffinato bolognese: Pelagio Palagi (1775-1860), architetto, artista e collezionista. Un oggetto d’uso certamente rituale, la cui funzione è in parte ancora misteriosa, divenuto il “simbolo” delle collezioni d’arte antica di Bologna.

Chi proviene da via San Vitale incontrerà sul lato opposto della cintura protettiva una grande immagine del santo protettore che sorregge la città: si tratta del busto in pietra di San Petronio, una delle sette statue dei “santi dei commercianti”, realizzate da Pierpaolo e lacobello delle Masegne intorno al 1380. Le opere erano collocate in origine nelle nicchie della facciata del palazzo della Mercanzia, sede del Tribunale della corporazione, ora sono esposte anch’esse a palazzo Ghislardi Fava (Museo civico medievale).

Percorrendo via Zamboni, invece, si arriva al cospetto della maestosa immagine di Bonifacio VIII benedicente, uno dei più famosi pontefici del Medioevo, ricordato per avere indetto il primo Giubileo e per essere ritenuto da Dante il vero responsabile del suo esilio e della sua rovina. Si tratta della riproduzione della statua in legno ricoperta di bronzo dorato conservata nello stesso Museo, che fu commissionata dal Consiglio del Popolo del Comune di Bologna nel 1300 e innalzata in piazza Maggiore sulla facciata del palazzo della Biada (il palazzo comunale), dove rimase fino all’arrivo dei soldati di Napoleone, che la tirarono giù. Da allora è entrata a fare a far parte dei musei della città.

Accanto a queste grandi figure, sulla superficie perimetrale del cantiere si snoda il racconto della storia delle Due Torri dal Medioevo ai giorni nostri, ma è possibile anche individuare in una grande mappa le botteghe artigianali e i negozi situati nell’area del cantiere e partecipare, per chi lo desidera, alla raccolta fondi per il restauro delle Torri. Il titolo dell’intero allestimento non a caso è “Bologna a cuore aperto”, per indicare sia la delicatezza e la profondità dell’intervento oggetto del cantiere, sia il valore simbolico e identitario di un bene storico e architettonico tanto radicato da aver fatto aprire il cuore di tantissime persone, bolognesi e non, che dall’Italia e dall’estero hanno voluto contribuire alla campagna Art Bonus “Sosteniamo il restauro delle Due Torri”, dando prova del legame autentico e dell’affetto profondo verso la città.

















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