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Coldiretti: frutta e verdura più care in grande distribuzione che al mercato

Secondo l’ultima indagine dell’Antitrust “i prezzi al consumo attualmente praticati dalla GDO nel comparto ortofrutticolo” “non sono inferiori a quelli praticati dalle altre tipologie di vendita e, in particolare, risultano sensibilmente superiori a quelli praticati dai mercati rionali e dagli ambulanti”. E’ quanto riferisce la Coldiretti nel sottolineare che anche per favorire un contenimento dell’inflazione occorre promuovere una maggiore presenza sugli scaffali dei supermercati di prodotti locali del territorio poichè “le analisi effettuate hanno infatti mostrato come la distribuzione moderna, nel settore ortofrutticolo, non riesca in maniera estesa ad organizzare la propria attività minimizzando i passaggi intermedi.

Il ricorso all’acquisto diretto dal produttore riguarda infatti soltanto il 23 per cento circa dei casi rilevati dalla Guardia di Finanza”, secondo l’indagine conoscitiva dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Si tratta – sottolinea la Coldiretti – di un intervento necessario per ridurre la forbice dei prezzi tra imprese agricole e consumatori con la distribuzione moderna che rappresenta attualmente circa il 52 per cento delle vendite al dettaglio degli ortaggi e della frutta (49 per cento negli ortaggi e 54 per cento nella frutta), con i canali tradizionali che pesano per circa il 40 per cento. Il ruolo della distribuzione moderna è stato oggetto anche di un intervento del Parlamento Europeo che ha chiesto di valutare gli abusi di posizione dominante nel settore della grande distribuzione e di armonizzare le norme UE per contrastarli. Secondo il Parlamento Europeo – riferisce a Coldiretti – le piccole aziende, i fornitori e le imprese agricole sono minacciati dalla concentrazione dei supermercati che, sempre di più, impongono prezzi insostenibilmente bassi ai loro fornitori, mentre i consumatori rischiano una perdita di diversità dei prodotti, del patrimonio culturale e dei punti vendita al dettaglio. La volontà di valorizzare nella distribuzione commerciale la produzione locale è coerente – sostiene la Coldiretti – con l’obiettivo di favorire lo sviluppo economico generale, ma anche di assicurare una crescita sostenibile dal punto di vista ambientale per le ricadute che tali cibi hanno sul territorio. Garantire una maggiore presenza di prodotti locali non è solo un contributo alla libertà di scelta dei consumatori ma – sottolinea la Coldiretti – rappresenta anche un contributo all’integrazione delle aree commerciali con il tessuto economico, produttivo e culturale.

Per raggiungere questo obiettivo l’Italia – sostiene la Coldiretti – dispone peraltro di un importante riferimento normativo rappresentato dalla legge 231 dell’11 novembre 2005 che contiene una norma fortemente sostenuta dalla Coldiretti per favorire la presenza di prodotti agricoli regionali nella moderna distribuzione, attraverso accordi di filiera. La disposizione stabilisce che nelle grandi strutture di vendita e nei centri commerciali siano posti in vendita prodotti provenienti dalle aziende agricole ubicate nel territorio delle regioni interessate in una congrua percentuale, da definire sulla base di intese di filiera, rispetto alla produzione agricola annualmente acquistata. Occorre lavorare per queste intese che – continua la Coldiretti – rappresentano un contributo al consumo responsabile legato alla salvaguardia dell’ambiente e alla tutela della tradizione produttiva che si va consolidando nelle scelte di acquisto dei cittadini in tutti i paesi sviluppati e che significa nuove opportunità di sviluppo per le imprese della filiera agroalimentare Made in Italy. In Italia – riferisce la Coldiretti – la quota di mercato della grande distribuzione organizzata (GDO) nei generi alimentari ha raggiunto il 69 per cento mentre quella dei negozi tradizionali è scesa al 21 per cento.

A livello internazionale, sempre per quanto riguarda gli alimenti, il leader della grande distribuzione organizzata è Wal Mart, con una cifra d’affari che, nel 2005, ha superato i 250 miliardi di euro. Al secondo posto, ma molto più lontano, si trova il gruppo francese Carrefour che ha fatturato “solo” 75 miliardi di euro. Seguono poi un altro americano e un gruppo tedesco Metro (circa 56 miliardi di euro). Il primo italiano – Coop Italia – si posiziona al 49° posto, con 11,5 miliardi di euro di cifra d’affari. Per quanto riguarda l’Italia dopo la Coop al secondo posto si posiziona Conad (circa 8 miliardi di euro), seguito da Carrefour Italia, Interdis e Selex (tutti circa 7), da Auchan/SMA (5,7), Esselunga (5,4), Sisa e Despar (4) e C3 (3,5).

















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