Migliorare la qualità delle acque superficiali e sotterranee, combattere gli sprechi, garantire il deflusso minimo vitale dei fiumi e ridurre i nitrati nelle falde acquifere. Sono questi gli obiettivi contenuti nel Piano di tutela delle acque che sarà discusso mercoledì 12 marzo dal Consiglio provinciale e che si configura come una variante al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (Ptcp).
Dopo l’adozione, avvenuta nell’estate scorsa, la Provincia ha concluso la fase di verifica delle osservazioni presentate da Comuni, cittadini e associazioni ambientaliste (in tutto nove) che in parte sono state accolte; risposto anche alle riserve formulate dalla Regione che ha dichiarato il Piano “conforme agli strumenti di pianificazione regionali”.
«Con questo documento – sottolinea Alberto Caldana, assessore provinciale all’Ambiente – definiamo gli strumenti e le misure per centrare gli obiettivi di qualità per le acque superficiali e sotterranee. In particolare per i fiumi intendiamo arrivare ad una classe di qualità buona anche in pianura e per le falde avviamo una lotta molto più decisa all’aumento dei nitrati».
Vengono definite le zone di protezione delle acque superficiali e sotterranee in pianura ed in montagna, disciplinati in modo più puntuale gli scarichi e le misure destinate a ridurre gli sprechi idrici civili, irrigui e industriali.
Inoltre per tutelare gli acquiferi sotterranei, oltre ad avviare un apposito Tavolo nitrati, il Piano ha prevede, quale misura concreta, la realizzazione della nuova cosiddetta “Carta degli spandimenti zootecnici” che rappresenta le aree idonee e non all’utilizzazione agronomica di letami, liquami e fanghi di depurazione definendo vincoli e limitazioni.
Parte fondamentale del Piano è anche l’analisi della situazione della qualità delle acque desunta in base alle rilevazioni costanti della rete di monitoraggio dell’Arpa. La pubblicazione del Report relativo agli anni 2005-2006 costituisce il primo aggiornamento del quadro conoscitivo e allo stesso tempo rappresenta anche uno strumento di verifica degli obiettivi.
Il Piano individua anche le zone di protezione delle falde, delle sorgenti di montagna (in tutto ne sono state censite 741), e delle captazioni delle acque superficiali. Tra le misure previste spicca anche l’abbattimento delle concentrazioni di fosforo per gli scarichi delle acque reflue urbane allo scopo di favorire un progressivo riuso per l’irrigazione agricola.
Lo stato di salute di fiumi e falde
Il Panaro sta meglio del Secchia anche se per entrambi la qualità delle acque risulta in sensibile progresso. Per quanto riguarda le falde sotterranee permane il rischio nitrati, soprattutto nella zona a sud-ovest di Modena e nell’area compresa tra la conoide del Panaro e del Samoggia. L’acqua del Panaro e del Secchia è di qualità buona in tutto il tratto montano e collinare, anticipando il raggiungimento dell’obiettivo di qualità che la normativa pone al 2016. In pianura, tuttavia, la qualità peggiora arrivando a sufficiente per entrambi i fiumi, in linea con gli obiettivi del 2008 (ma non con quello del 2016 che impone una qualità buona anche in pianura).
E’ questo in sintesi lo stato di salute delle acque superficiali e sotterranee modenesi che emerge dal nuovo Report in vista della discussione del Piano di tutela delle acque da parte del Consiglio provinciale. I rilievi, effettuati dall’Arpa e relativi al 2006, sono stati eseguiti da oltre 30 stazioni lungo i fiumi e quasi 75 pozzi tenuti costantemente sotto controllo.
Nonostante i miglioramenti, per i corsi d’acqua modenesi resta il divieto assoluto di balneazione.
Per quanto riguarda le falde – assicura Alberto Caldana, assessore provinciale all’Ambiente, «l’acqua del rubinetto resta di ottima qualità. Ma occorre un’azione decisa, come prevede il Piano, contro i nitrati».
Nel mirino i cosiddetti fattori di pressione puntuali (come gli scarichi fognari) e diffusi che sono stati valutati all’interno del Piano e per i quali sono state definite diverse misure di intervento per ridurne l’impatto.
La nuova carta spandimenti
La Carta degli spandimenti zootecnici è stata redatta unitamente al Piano provinciale di tutela delle acque e definisce le aree idonee per l’utilizzazione agronomica dei liquami zootecnici e dei fanghi di depurazione, allo scopo di tutelare le falde acquifere, in particolare dai nitrati; sostituisce la cartografia utilizzata finora, risalente al 1997 quindi ormai superata.
Per garantire tutte le tutele la Provincia individua innanzitutto le aree dove queste attività sono assolutamente vietate e dove invece possono avvenire ma rispettando precisi criteri e condizioni.
Le aree di divieto assoluto sono quelle urbanizzate, le zone di rispetto delle captazioni (pozzi e sorgenti), le aree forestali, alcune zone di parco, le zone di tutela dei fontanili e i calanchi.
Le zone di attenzione, quelle cioè in cui si può spandere a determinate condizioni, sono i siti di interesse naturalistico e le aree estrattive.
«Si tratta – sottolinea Alberto Caldana, assessore provinciale all’Ambiente – dell’attuazione della prima misura concreta per ridurre il carico inquinante nelle acque sotterranee. È uno strumento operativo e gestionale che è stato messo a punto con la collaborazione delle associazioni agricole e dei Comuni e sulla base della apposita direttiva regionale approvata di recente. Uno strumento utile a chi effettua attività di utilizzazione agronomica e a chi è responsabile dei controlli. Abbiamo inoltre istituito un apposito Tavolo tra tutti i soggetti interessati per avviare altre misure coordinate per combattere l’aumento dei nitrati nelle falde».
La Carta, oltre a individuare le aree vulnerabili ai nitrati e le zone ordinarie, definisce zona per zona le modalità di spandimento e i limiti massimi di azoto per ettaro nei campi; limiti che sono stati definiti tenendo conto, appunto, della vulnerabilità di ogni singola area.