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Il ritorno dell’olivo sulle colline emiliane

Bilancio e prospettive del progetto per lo sviluppo dell’olivocoltura nelle colline delle province emiliane a Modena, Reggio, Parma e Piacenza. E’ il tema del convegno che si svolge giovedì 20 marzo, alle 9, alla sala dei Contrari a castello Boncompagni di Vignola (Modena). L’iniziativa oltre a Province e Regione coinvolge l’Università di Parma, l’istituto agrario Spallanzani e il coordinamento del Crpv (Centro ricerche produzioni vegetali) di Cesena. Intervengono a conclusione delle due sessioni di lavoro l’assessore provinciale all’Agricoltura Graziano Poggioli e l’assessore regionale Tiberio Rabboni.


«Questa iniziativa – spiega Poggioli – rappresenta una ulteriore fase del progetto di ricerca per il recupero, la conservazione e la valorizzazione delle antiche varietà olivicole locali favorendo il più possibile la loro reintroduzione nel nostro territorio. E’ nostro obiettivo, infatti, trasferire al mondo produttivo agricolo i risultati della ricerca e questo anche con l’assegnazione di 800 pianticelle di olivo autoctone alla rete di “agricoltori custodi” cui è affidato il compito di tutori delle risorse genetiche autoctone del territorio, di tutela dell’agrobiodiversità, della loro valorizzazione attraverso anche forme di informazione e divulgazione con i cittadini».
A partire dall’autunno 2007 sono state messe a disposizione per gli agricoltori le prime piante di olivo delle varietà autoctone individuate nelle province di Modena, Parma, Piacenza e Reggio Emilia dai ricercatori operanti nell’ambito del progetto “Sviluppo dell’olivicoltura da olio nelle province emiliane”. Esse sono il risultato di una selezione delle vecchie piante ritrovate sul territorio scaturita dalle ricerche effettuate nell’ambito del progetto.
Al convegno interverranno docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, dell’Università di Parma, ricercatori del Cnr di Bologna. Saranno messe a confronto anche alcune esperienze di agricoltori impegnati nella coltura dell’olivo che, sottolinea l’assessore Poggioli, ha anche la caratteristica «di ben inserirsi nelle aree di collina come coltivazione che arricchisce il paesaggio, in particolare abbinato ai vigneti di lambrusco grasparossa e alle attività agrituristiche».

Il segreto è proteggere le piante dai venti del Nord
Nonostante l’Emilia costituisca una zona marginale di coltivazione dell’olivo, l’interesse per questa pianta sta diventando sempre più forte grazie al reperimento di piante secolari e al loro studio. Nuovi impianti stanno nascendo nelle province emiliane di Modena, Parma, Piacenza e Reggio Emilia e sono sempre più numerosi gli agricoltori interessati a questa coltura. Inoltre, la tecnica colturale dell’olivo non è impegnativa risultando peraltro complementare a quelle tipiche della zona (spesso colture erbacee).
La buona riuscita dell’impianto prevede la protezione della coltura dai venti freddi del Nord, quindi non tutti i versanti collinari sono idonei per l’olivo, ma solo quelli ben orientati. Bisogna anche considerare che il prodotto ottenuto da questa olivicoltura è un “prodotto di nicchia”, sano e salutare, come tale riconosciuto e apprezzato dal consumatore sempre più attento ai principi essenziali dell’alimentazione.
La prospettiva interessante è, quindi, quella di poter ottenere il marchio di Denominazione d’origine protetta (Dop) per un olio con caratteristiche organolettiche esclusive e ristrette al territorio emiliano. L’olivo come pianta rappresenta, nel contempo, una specie di elevato pregio paesaggistico, quindi può essere impiegato in parchi e aree adibite alla conservazione del territorio e alla rivalutazione del paesaggio tipico italiano.

















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