Bruno Contrada anche se “l’età avanzata” lo ha portato ad avere una “situazione di salute di una certa rilevanza”, può essere tranquillamente curato anche in regime di detenzione.
La Cassazione, spiega così perché lo scorso 5 agosto ha detto no al differimento della pena nei confronti dell’ex numero due del Sisde ormai 77enne, condannato definitivamante a dieci anni per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Il fatto che successivamente gli siano stati concessi i domiciliari, chiarisce piazza Cavour, è dovuto alla “insorgenza di una prospettata seria patologia in precedenza non rilevata” ma la misura “non è in contraddizione” con il precedente giudizio.
Sulla base di questa motivazione, la sezione Feriale della Cassazione (sentenza 35096) ha respinto il ricorso presentato dalla difesa dell’ex poliziotto. In particolare, in riferimento ad alcune patologie di cui soffre Contrada (“diffusa arterisclerosi, diabete, ipertensione arteriosa, ipertrtofia prostatica”, per citarne alcune).
La Cassazione si è trovata d’accordo con l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Napoli che, lo scorso 3 aprile, aveva stabilito che fossero tutte “fronteggiabili con terapie farmacologiche e appositi trattamenti dietetici, con rischio di vita contenuto”.
Ancora piazza Cavour ha evidenziato che “il differimento della pena per motivi di salute è legittimo solo quando le condizioni del detenuto sono così gravi da rendere concretamente incompatibile il regime carcerario, ovvero lo stesso risulti contrario ai più elementari principi di umanità”.
Fonte: Adnkronos