Il sogno di molti celiaci presto potrebbe diventare realtà. La pillola – da assumere prima dei pasti – per bloccare l’effetto tossico del glutine, e consentire ai celiaci di mangiare in modo normale, è ormai in dirittura d’arrivo. E gli studiosi ipotizzano una vera e propria rivoluzione per i pazienti nel giro di 5 anni.
Lo rivelano i massimi esperti mondiali di celiachia, riuniti al Galata Museo del mare di Genova per il Congresso internazionale organizzato dall’Associazione italiana celiachia (Aic)
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Il farmaco è stato ideato da un ‘cervello’ italiano al lavoro negli Usa, e i primi test sull’uomo sono promettenti.
Al Congresso è stato inoltre annunciato che per la prima volta al mondo sarà testato su 12 pazienti un vaccino ‘disegnato’ per curare una malattia autoimmune.
Riprogrammando il sistema immunitario promette di far guarire dalla celiachia. Entro fine anno saranno avviati a Melbourne, in Australia, i test clinici del siero sull’uomo. Una speranza concreta per i tanti pazienti che soffrono di questa malattia: soltanto in Italia oltre 75.000 persone, ma si stima che siano oltre mezzo milione gli italiani che non sanno di essere celiaci.
Costretti a una dieta rigorosa, i celiaci devono mettere al bando pasta, pane, biscotti ma anche le salse e tutto ciò che può essere contaminato dalla farina, come la frittura. I sintomi (vomito, diarrea, perdita di peso) nascondono difetti di digestione e assorbimento intestinale degli alimenti e provocano di conseguenza gravi complicanze: dall’osteoporosi, all’aborto spontaneo, al temuto linfoma intestinale. Il vaccino curativo è rivoluzionario: è infatti in grado di riprogrammare il sistema immunitario dei celiaci per indurlo a tollerare il glutine. Nei pazienti i frammenti di glutine non digerito passano nell’organismo attraverso l’intestino, che ha una permeabilità alterata e non riesce a svolgere normalmente la sua funzione di barriera.
Il sistema immunitario, spiegano gli specialisti riuniti a Genova, percepisce il glutine in circolo come un elemento estraneo e, anziché eliminarlo, scatena una risposta alterata, che si rivolta anche contro l’organismo dello stesso paziente.Secondo i ricercatori la soluzione potrebbe consistere nel non esporre al glutine durante il primo anno di vita i bambini potenzialmente a rischio di celiachia, ad esempio perché figli di genitori celiaci.
Il progetto italo-americano Celiprev (Rischio di malattia celiaca ed età di introduzione del glutine) è attivo dal 2004, ed è coordinato da Carlo Catassi, docente di pediatria all’Università Politecnica delle Marche e co-direttore del Centro di Ricerca sulla Celiachia dell’Università del Maryland (Usa).
La sperimentazione, tuttora in corso, ha coinvolto a oggi 900 bimbi divisi in due gruppi. Nella dieta del primo gruppo il glutine è stato introdotto a 6 mesi, nel secondo a 12 mesi. Obiettivo, definire il ruolo del momento di assunzione della sostanza nel manifestarsi della celiachia. I risultati rivelano che i piccoli esposti al glutine a 12 mesi hanno un rischio di sviluppare la malattia 4 volte inferiore rispetto ai bimbi che l’hanno cominciato a mangiare a 6 mesi.
“Finora i piccoli sono stati seguiti per 5 anni: dovremo aspettare ancora per sapere se questo ottimo risultato si mantiene nel tempo. Ma ci sono buoni motivi per sperare che la celiachia si possa prevenire anche così in molti casi”, conclude Catassi.
Fonte: Adnkronos