Con una lunga relazione del pubblico ministero Bice Barborini ha preso avvio, stamane il processo che vede il rumeno Nicolae Romulus Mailat, 25 anni, chiamato a rispondere dell’uccisione di Giovanna Reggiani. La donna, aggredita nei pressi della stazione di Tor di Quinto il 30 ottobre del 2007, morì due giorni dopo in ospedale e ora Mailat è chiamato a rispondere di omicidio volontario, violenza sessuale e rapina aggravata.
Accuse che l’uomo tramite il suo difensore Piero Piccinini annuncia di voler smontare mettendo soprattutto in dubbio la testimonianza di Emilia Neamtu, una connazionale dell’imputato che come lui abitava nella baraccopoli nei pressi della stazione di Tor di Quinto e che attirando l’attenzione di un autista dell’Atac, Paolo Bello, oggi ascoltato dalla Corte presieduta da Angelo Gargani, permise quasi subito alla polizia di scoprire il delitto.
La Corte, presieduta da Angelo Gargan, ha dato la parola al pubblico ministero che per circa due ore ha ricordato i fatti partendo dall’arrivo della signora Reggiani, moglie dell’ufficiale di Marina Giovanni Gummiero alla stazione di Tor di Quinto verso le 20.15. Qui fu aggredita duramente, quasi spogliata e poi gettata ancora in vita dopo essere stata rapinata della borsa in un fossato ai bordi della strada. E’ a questo punto che entra in scena Emilia Neamtu. La donna attrae l’attenzione dell’autista dell’Atac segnalando la presenza del corpo nel fossato e facendo quindi chiamare la polizia dopo aver visto Mailat che portava sulle spalle il corpo e poi cercava di nasconderlo nel fossato. Una perquisizione fatta nel campo nomadi consentì alle 21.30 di catturare Mailat ancora sporco di sangue e di fango. Nella sua baracca venne trovata una borsa anch’essa sporca di sangue con dentro i documenti della Reggiani.
Il difensore di Mailat però nel suo intervento ha messo in dubbio la testimonianza di Emilia Neamtu e a sostegno della poca credibilità della donna ha mostrato una lettera proveniente dalla Romania dalla quale risulta che la donna nel suo Paese è stata ricoverata tre anni fa in un ospedale psichiatrico. Secondo l’avvocato Piccinini la sera dell’aggressione Mailat avrebbe partecipato al delitto soltanto marginalmente. In particolare, Mailat si sarebbe limitato a prendere la borsa della donna. La pioggia e il buio impedivano la vista, ha aggiunto l’avvocato e allora come può la testimone Neamtu sostenere d’aver visto quanto stava accadendo? Per il penalista non si devono sottovalutare i dubbi su quanto raccontato dalla donna che, secondo quanto sostengono altre persone, avrebbe tenuto sempre un comportamento stravagante.
Nel corso della seconda parte dell’udienza Mailat ha chiesto di poter parlare riferendosi ad un’aggressione subita dalla Neamtu la sera in cui egli fu arrestato. L’imputato ha preso la parola per dire che non era stato lui a colpirla. “Per quanto ne so io fu colpita dal suo stesso figlio che ora è detenuto in Romania”.
L’udienza riprenderà lunedì 29 settembre e quel giorno, se sarà rintracciata tra gli altri testimoni, verrà ascoltata proprio Emilia Neamtu.
Fonte: Adnkronos