Silvio Berlusconi non può andare al Colle e non può fare il capo dello Stato. Parola di Walter Veltroni che, in un’intervista all’Espresso in edicola domani, prende spunto dal dibattito sul presidenzialismo per un attacco al premier.
”Se mi si chiede se il presidenzialismo mi inquieta – dice il leader del Pd – la mia risposta è no. Se, invece, mi si domanda se in questo momento in Italia è giusto passare a un sistema presidenziale, rispondo ancora no. Le istituzioni sono figlie della cultura del tempo e in Italia, in questo momento, è necessario rafforzare le istituzioni di controllo”. La presidenza della Repubblica è tra queste?
”Oggi – replica Veltroni – al Quirinale c’è Giorgio Napolitano, in precedenza ci sono stati Carlo Azeglio Ciampi, Oscar Luigi Scalfaro, persone che hanno fatto il bene del Paese”. Il Colle, spiega il segretario dei Democratici, ”è un luogo dove devono esserci figure che garantiscano la Costituzione, conoscano le regole del gioco, rispettino le opinioni di tutti, accettino il dissenso. Tutto ciò che Berlusconi non è. Ho visto che Bossi ha detto che per lui Berlusconi al Quirinale andrebbe bene. Per me no: non va bene – afferma netto – Per fortuna il problema non si pone: fino al 2013 al Quirinale ci sarà Napolitano, una garanzia per tutti”.
L’attacco al Cavaliere non risparmia il tema della giustizia. ”Berlusconi vuole fare una riforma contro la giustizia, per riportarla sotto il controllo della politica – sottolinea – Noi convocheremo gli stati generali della giustizia: magistrati, avvocati, forze dell’ordine. E non appoggeremo il referendum: non è uno strumento utile”. Poi uno sguardo alla situazione in casa propria. Veltroni ribadisce la sua leadership e parla delle fibrillazioni di questi mesi interne al Pd. ”Tre milioni e mezzo di persone mi hanno scelto perché – rimarca – sono un dirigente che pensa che la vita sia più ricca della politica, un antidoto al male che vedo in tanta parte della politica italiana: un morboso attaccamento alla dimensione del potere. Non me ne importa assolutamente nulla di quelli che fanno i conti sulle percentuali, sui risultati di questa o di quella elezione”. Quindi assicura di essere intervenuto più volte varie per tenere unito il partito nelle realtà locali, a partire dal caso di Acerra.
Il segretario del Pd non vuol sentir parlare di inciuci con il Pdl. ”Sono interessato a riscrivere le regole del gioco – dice – Se arriverà un provvedimento che riduce il numero dei parlamentari, voteremo sì, non siamo sull’Aventino. Ma il Pd è insieme radicalità e riformismo. Non è la versione moderata, inciucista della tradizione democratica. E’ un partito che quando vengono violate le regole del gioco si alza in piedi. Non con lo spirito di Flores d’Arcais o della Guzzanti, che portano voti alla destra, ma con quello di un grande partito di alternativa di governo”.
Dunque, ”nessuna discontinuità – garantisce il leader democratico – Ho sempre detto che l’Italia attraversa una grave crisi democratica e che va cercata una convergenza con l’avversario per fare le riforme. Grazie alla nostra scelta di correre da soli alle elezioni si è raggiunto l’obiettivo storico di avere un Parlamento di tipo europeo. A fronte di questa apertura Berlusconi ha cominciato con una sarabanda di leggi fatte nel suo unico interesse e con un’offensiva di attacchi all’opposizione, ai sindacati, al Parlamento. E’ lui che è tornato al passato”. E il futuro? ”I sondaggi ci danno di nuovo in crescita ma il punto è che serve tempo. Bisogna avere il fiato giusto, non pensare che sia la corsa dei cento metri”.
Fonte: Adnkronos